“Ismene”, tratto dal libro “Quarta dimensione” di Ghiannis Ritsos, prende le mosse dal mito greco per affondare nelle contraddizioni del presente. Un presente dominato dalla paura, in cui la guerra consuma le esistenze, la civiltà si sgretola e l’Occidente sembra collassare su sé stesso. L’individuo, schiacciato da un destino che pare inevitabile, resta in silenzio, privato poco a poco della libertà e della volontà.
Al centro della scena c’è Ismene, la quarta figlia di Edipo, spesso dimenticata e messa in ombra dalla più celebre Antigone. Rimasta ai margini della storia, trova finalmente voce per denunciare la propria famiglia e il mondo che l’ha condannata alla rovina, rivendicando il diritto di decidere del proprio futuro. Nelle sue parole riecheggiano temi universali: l’incapacità di comunicare che divora l’anima, l’illusione del potere, il terrore di sé stessi e dei propri limiti, il peso del rimpianto, la paura di amare, la tentazione di arrendersi. Ma anche la scelta di proseguire, mettendo sé stesse al centro del proprio cammino.
Ismene diventa così un inno alla vita, alla determinazione e al coraggio femminile, qualunque siano le sfide che le donne affrontano nei contesti familiari, sociali ed economici di oggi.
Accanto a lei, Massimo Bevilacqua con la sua chitarra elettrica, colonna sonora di una trasformazione che la porta a incarnare un’eroina ribelle, un’iconoclasta dal sapore rock. A dare forma visiva all’opera, le scenografie digitali di Alice Leonini.
La regia di Fulvio Cauteruccio intreccia parole e musica in un viaggio sonoro che attraversa generi e generazioni: dai Depeche Mode ai CCCP e CSI, da Johnny Cash a Edith Piaf e Nancy Sinatra. Ne nasce una sorta di opera rock, in cui chitarre e sintetizzatori si fondono con le parole più antiche e potenti della storia umana.